Eppure, quel tanto criticato “Punto di spitzy” doveva pur essere qualcosa. Con un arcaico internet, nel pomeriggio lo studente riesce a capire dove e cosa fosse questa cosa, pronta per essere sfoderata nel momento di sconforto più totale.
Terzo giorno, stessa scena, dottoressa entra in sala e dopo il rituale del Buongiorno, ridomanda il “punto di spitzy”.
Silenzio. Ma lo sbarbatello, inesperto della vita, avendo avuto il giorno prima senza figuracce, alza la mano. La sala si gira verso lui.
“..Il punto di Spitzy si trova tra astragalo e volta plantare e serve a…” neanche termina quando la dottoressa prepotentemente interrompe “..e il triangolo di Scarpa??…”
La sala si rigirò verso di lei.
Per poi tornare verso lo studente in attesa di risposta. Ma cosa poteva pretendere da chi manco sapeva cosa fosse un tratto cervicale, figuratevi il Triangolo di Scarpa! e quindi dato il silenzio….
“Va bene, arrivederci e buon lavoro!” la dottoressa va via.
Una volta chiusa la porta, BEM!
Non un paziente, ma tutti e 20 dello stanzone, i fisioterapisti ed i colleghi ad incanalare la dose della gaffe:
- Chi te l’ha fatto fare!
- Cosi impari!
- Che volevi dimostrare?!
- A cummattiri che pazzi s’addiventa pazzi ahahaha
- Ora si cunsumatu!
- ohh da oggi sarai chiamato punto di spitzy!
Lo studente, scottato e riscottato, questa volta non approfondisce l’argomento ed ignora “il triangolo di scarpa”. Erano sufficienti gli scherni dello stanzone e dei colleghi che già su Whatsapp non facevano che parlare di questa storia
Senza voglia di andar far tirocinio, ma ligio al dovere, lo studente si reca in reparto e assiste alla solita scena della dottoressa, “BUOOOONGIORNO!! Dov’è lo studente che mi ha risposto ieri??”, il sangue dello studente raggelò: “CHI ME LO HA FATTO FARE RISPONDERE?! e perché IERI non hai approfondito?! Che ti serva da lezione, non dire mai più nulla!!” pensò. “Io…” timidamente rispose l’alunno e la dottoressa, “seguimi”
Credendo che quei 2 giorni di tirocinio sarebbero stati gli ultimi della sua vita, lo studente in rigoroso silenzio durante il tragitto, segue la dottoressa fino alla sua stanza, e con una mano sulla spalla la dottoressa esclamò “tu, da oggi, farai tirocinio con me.”
Poteva mai sapere il curiosone, che quella dottoressa lì, fosse la fisiatra più in gamba del sud Italia?! Perchè nessuno sapeva di lei all’interno dello stanzone?!
Un genio, la migliore, preparatissima, con una voglia di divulgare il suo sapere senza eguali; generosa, dolce, con i giusti modi sapeva dire la qualsiasi.
Faceva diagnosi senza esami strumentali, visite mirate, dritti al problema e a come risolverlo. il suo motto era “La clinica è suprema, è anche più certa dell’esame diagnostico”.
Rate di successo 100%, lo studente non ha mai visto errare una diagnosi.
e lo studente curiosone era li, ad apprendere tutto: test, esercizi, modi, approccio umano ed interpretazione ed immedesimazione del malato. Libri sottobanco, metodiche riabilitative spiegate come il Bobath, Kabat, Perfetti, Sindrome vertiginose, tecniche dolci manuali, tutto appreso al primo anno, mentre gli altri studenti, immersi nello stanzone a fare chissà che, si erano persino dimenticato dei mancati ingressi della dottoressa o del delfino curioso di collega.
Arrivati al secondo anno, giunse un caso riabilitativo con tasso di difficoltà elevatissimo, il quale viene visitato come sempre egregiamente dalla dottoressa, e la diagnosi fu terribile, micidiale per un riabilitatore, complicato persino da immaginare ed elaborare. “Sindrome vertiginosa in soggetto con nistagmo oculare, deficit della coordinazione ed equilibrio, in assenza di danni vestibolari e sospette protrusioni multiple cervicali”.
“Trattala tu, Andrea.” disse la dottoressa
“io?” rispose lo studente, “si, tu, sei stato quest’anno qui per quale motivo? per risolvere casi che non saprei a chi affidare” ribatté.
Quel ragazzo da un anno a questa parte neanche più ricordava lo stanzone, e doveva andar li a trattar davanti a tutti UN CASO SIMILE? Ovviamente accettò senza obiettare. (la bellezza dei 20 anni spensierati!)
Lo shock dei terapisti era palpabile da un miglio, gli studenti e gli ignari pazienti su ciò che quel “moccioso” riusciva a fare era lampante, persino i pazienti vedevano che “lui non sventolava le braccia o gambe come tutti”, tra le manipolazioni dolci usate e gli esercizi proposti allo specchio millimetrato, la paziente, alla sesta seduta, viene nello stanzone stritolando per la felicità lo studente che finalmente, dopo 4 mesi, era riuscita ad alzarsi dal letto senza vertigini.
Da lì, iniziò a “lavorare”. Tirocinio con la fisiatra e pazienti che le affidava da trattare.
era il top, Studiare ed applicare.
Il terzo anno fu la consacrazione per lo studente: proprio poco prima della laurea, ci fu un convegno locale nell’aula magna dell’ospedale Gravina, con 300 persone tra medici, infermieri, fisioterapisti e studenti, creato e formulato da un giovane nemmeno laureato, che insegnava loro, la metodica del Kabat.
E la tesi?
Ginocchio?
Spalla?
Ischemia?
Niente di tutto questo. “Accreditamento istituzionale di un ambulatorio di fisioterapia”.
Già, sin da allora, il sogno del Dr. Aiello era creare una realtà dove tutto funzionasse alla perfezione: dalla segreteria, precisa e puntuale, ai fisioterapisti.
Non più dentro stanzoni immensi ma in un ambiente con box trattamento caratterizzati da pulizia ed ordine, da un profumo rilassante e da musica accogliente.
Colleghi che lavorino come te, che sappiano come trattare la problematica, innescando meccanismi di confronto (e non rivalità!), il tutto verso un fine comune: l’esperienza emotiva positiva di essere curati in un vero ed unico ambulatorio di fisioterapia.